Il lungo percorso della crescita

Dopo aver praticato per un po’ l’astrologia e la spagiria (non parlo di qualche mese), si inizia a capire con relativa facilità, nelle persone che ci circondano, qual è il loro punto debole. Si tratta del “difetto caratteristico”, ovvero quell’“attributo massimamente dolente” che rappresenta la leva su cui intervenire per avviare un processo di guarigione o crescita. Collego i due termini perché non c’è guarigione senza crescita. Sono due percorsi che procedono sempre di pari passo, uno parallelo all’altro. E non mi riferisco alla guarigione solo fisica, del corpo, ma anche a quella legata tutti i 56, e semplificando molto 4, corpi dell’uomo. Questo non significa essere capaci di modificare fin da subito il problema, ma almeno di identificarlo.

Diventa facile, insomma, capire, osservando con un po’ di attenzione, dove dovrebbe essere indirizzato il lavoro di un amico, o di un familiare, o di una conoscenza, per iniziare un vero percorso. Questo anche senza l’analisi del tema natale, perché i pianeti e i segni, con un po’ di pratica, si rivelano ai nostri occhi in modo più o meno evidente. Un Mercurio mal posizionato o ipereccitato, ad esempio, si mostra in tutta la sua evidenza. Egli brama di mostrarsi alla gente con tutta la sua velocità e intelligenza. Eppure, molto spesso, l’attributo massimamente dolente è il suo opposto, cioè la mancanza di radicamento saturnino (parliamo dello stesso Archetipo su ottave diverse) e la mancanza della capacità di discernimento gioviniano. Chi non ha mai incontrato una persona così colta e di rapidissimo apprendimento che però, nella pratica della realtà quotidiana, si dimostra incapace di portare a termine un compito che richiede impegno e costanza, oppure di capire cosa fa per lui e cosa è meglio evitare? Credo che tutti noi abbiamo incontrato almeno una persona simile; in caso contrario, sarebbe molto utile fare un’analisi sul proprio asse Mercurio-Giove / Gemelli-Sagittario o Cancro-Capricorno. Come si dice a poker: “quando non capisci chi è il merlo della partita, probabilmente sei tu.”

E, allo stesso modo, quanto è facile incontrare persone con una Venere che ha disperato bisogno di mostrarsi, evidenziare la propria bellezza e sensualità, senza capire che l’attributo massimamente dolente è Marte, il suo opposto, nella sua azione distruttiva ed eccessivamente irruenta?

Tutto questo diviene piuttosto facile, dopo un po’. Invece la parte difficile è un’altra: osservare sé stessi. Certo, conosciamo tutti il modo di dire: “più facile vedere la pagliuzza nell’occhio del prossimo che la trave nel proprio”. Ma la realtà è che il modo di dire evidenzia un aspetto del proprio cammino che capita a tutti ed è difficilissimo da superare: osservare e criticare se stessi. Ma parlo di una critica costruttiva che va oltre le banalità e che colpisce proprio il proprio “vero punto dolente”, vero “attributo massimamente dolente”. E come si fa a scoprirlo? Come si può individuarlo? Una costante e continua analisi di se stessi, mettendo alla prova le proprie potenzialità mentali per trovarlo. Un lavoro costante, di ogni giorno, di ogni momento. Senza fermarsi sulle sciocchezze, sulle cose di poco conto. E, come sostiene Al Kindi nella sua opera sui raggi, dopo un certo grado di approfondimento, un maestro è necessario. Perché da soli non si può andare avanti, né per effettuare una vera analisi di sé stessi, né per superare lo sconforto che essa genera. Man mano che proseguiamo nel nostro cammino di studio e consapevolezza, anche osservando chi ci sta attorno, acquisiamo nuovi strumenti per analizzare noi stessi. Il primo di questi è naturalmente l’analogia che, a un certo punto della vita, ci darà una scossa e ci permetterà di renderci conto di avere questo o quel difetto, di aver sbagliato in questo o in quell’altro modo; senza accusarci direttamente perché l’osservazione avviene attraverso gli errori altrui. Questo è un buon punto di partenza.

Però, individuare con facilità il punto dolente di chi ci sta attorno, mantenendo la capacità di star zitti, di non interferire, di non voler “migliorare” è già buona cosa perché indice che una prima parte del proprio ego è stata domata. È dunque da qui che si può iniziare. Non credere di poter interferire con la vita degli altri, in quanto non è così. Il destino ha un ordine da rispettare che non viene modificato dal desiderio egoico del singolo individuo.

Chi siamo Paolo Cainelli

Paolo Cainelli, appassionato e studioso di Astrologia e Materie esoteriche. Organizza serate e corsi a tema astrologico, realizza amuleti secondo la tecnica e gli insegnamenti egizi, legge i Tarocchi

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